Bolivia

Il progetto Tejer Esperanza (“Tessere la speranza”) svoltosi tra il 2015 e il 2016 si poneva l’obiettivo di aiutare la donna boliviana nel processo di crescita e di rafforzamento dell’autostima attraverso attività manuali, in una duplice prospettiva: da un lato, creare una fonte di reddito, grazie alla vendita dei prodotto artigianali realizzati, dall’altro, fornire alla donna uno spazio terapeutico per superare le ferite dovute a maltrattamenti ed episodi di violenza in famiglia.

Le attività organizzate hanno dato modo alle donne di conoscersi e di confrontarsi con vari modelli femminili del passato e del presente: dalle donne inventrici alle donne scrittrici, dalle donne guaritrici alle donne di fede, dalle donne coraggiose alle donne vincitrici, dalle donne guerriere alle donne assegnatarie di un premio Nobel, dalle donne attiviste alle donne sognatrici e costruttrici di una “storia diversa, più giusta e umana”.

 

Le partecipanti hanno così preso coscienza di come anche queste figure femminili che hanno fatto la storia abbiano vissuto momenti difficili senza perdere la speranza di trasformare il mondo in un luogo migliore, lottando per essere riconosciute e apprezzate da chi le circondava. Inizialmente le partecipanti hanno reagito con scetticismo e incredulità all’idea che una donna potesse inventare una qualsiasi cosa, o rivelarsi altrettanto o più intelligente di un uomo, od occupare ruoli di solito riservati all’uomo, o essere felice pur non soddisfacendo i canoni di bellezza, o trionfare nonostante una deficienza fisica. L’esperienza ha prodotto nelle utenti una sorta di “chiamata ad affrontare la vita”: se “altre donne” erano riuscite a fare tanto, forse anche loro stesse potevano cambiare e migliorare la propria vita.

Motivate da questo “risveglio”, le partecipanti hanno iniziato un altro processo, costruito da loro stesse e non espressamente previsto all’interno del progetto: la costituzione del gruppo “Mujeres de expresión” (Donne di espressione) per l’ultima, conclusiva esposizione del progetto.

Progetto:

Tessere la speranza

Luogo:

Pya t’aarõmby, Bolivia

Tempi:

2015 / 2016

Costi:

9.410 €

Contributi:

6.490 € Finanziamento Prov. Bz
2.920 € Contributo proprio

Responsabile per Etica|Mundi:

Katia de Gennaro

Con il progetto: “Con le mani e con il cuore. Vogliamo ricostruire la dignità della donna” la neocostituita missione delle Suore Sacramentine di Bergamo a Capinota (distretto di Cochabamba, Bolivia) si propone di valorizzare il ruolo della donna nelle comunità rurali e di fortificarne l’autostima e lo spirito di iniziativa, coll’obiettivo di aiutarle a migliorare le proprie le condizioni di vita.
Si desidera offrire alle donne delle comunità rurali la possibilità di prendere coscienza della propria dignità e di sviluppare specifiche capacità femminili, utili sia sotto il profilo dell’economia domestica sia sotto il profilo di un possibile futuro vantaggio economico. Concretamente, con l’organizzazione di corsi di tecniche artigianali si intende offrire alla donna l’opportunità di costruire e rafforzare la sua identità, oltre a darle uno spazio per la socializzazione, la solidarietà e lo scambio di esperienze. I corsi saranno integrati da insegnamenti teorici ed esercitazioni pratiche inerenti alla formazione umana, all’economia domestica e alla cultura generale, con particolare attenzione alla salute fisica, emozionale e affettiva, familiare, sociale e spirituale. Il progetto ha poi anche una finalità di natura economica. Infatti, gli oggetti confezionati durante i corsi potranno essere messi in vendita dalle partecipanti. Coordinatrice in loco del progetto sarà suor Maria Elza de Miranda: 36 anni, laureata in pedagogia, originaria del Minas Gerais (Brasile), prima di essere assegnata all’opera missionaria la religiosa è stata coordinatrice della scuola materna presso il convento delle Suore sacramentine a Belo Horizonte (Brasile) che sorge ai margini della Cabana do Pai Tomás, una delle più malfamate favelas della metropoli brasiliana. Suor Maria Elza de Miranda è stata fortemente impegnata nell’ aggiornamento e nell’adattamento dei metodi pedagogici alle problematiche sociali, emotive e psicologiche dei bambini della favela che frequentano la scuola materna) Contesto socio-economico e culturale: La città di Capinota ha circa 22.000 abitanti e dista 60 km da Cochabamba, capoluogo dell’omonimo distretto abitato in prevalenza da popolazione indigena che parla il quechua. Il territorio comunale, con un’estensione di 1.495 km2, presenta pianure e tratti montuosi. Le comunità rurali vivono principalmente di agricoltura e pastorizia (allevamento di capre e pecore). Esistono piccoli mercati per il commercio dei prodotti agricoli. L´unica industria presente nelle zone rurali è la COBOCE – Cooperativa Boliviana de Cementos e agregados. Molte località non hanno né energia elettrica né acqua potabile e per trovare un pozzo si debbono percorrere distanze notevoli. Nelle zone rurali più isolate non esistono mezzi di trasporto; gli abitanti a volte sono costretti a percorrere a piedi distanze superiori a 30 km su sentieri pericolosi e impervi. Il distretto di Capinota presenta notevoli problemi di carattere socio-economico. La mancanza di acqua potabile e l’alto tasso di disoccupazione incidono fortemente sulla struttura sociale delle comunità rurali. In questa situazione di povertà, risulta particolarmente compromessa la dignità della donna. Nelle famiglie è molto diffuso l’abuso di alcol, che genera un forte problema di violenza tra le mura domestiche. A farne le spese sono le donne, spesso vittime di violenza carnale da parte dei mariti. Le aggressioni fisiche nei confronti della donna sono accettate e considerate legittime in un contesto sociale in cui il valore della donna è inferiore a quello di un bambino maschio. Per quanto riguarda il suo contributo al sostentamento della famiglia, la donna è obbligata a lavorare come bracciante nei campi a condizioni che equivalgono allo sfruttamento. Nelle aree rurali, la discriminazione della donna in relazione alla frequenza scolastica è ancora più evidente che nella media del paese- spesso è la stessa famiglia a negare alle ragazze la possibilità di concludere la scuola dell’obbligo, oppure addirittura di accedere all’istruzione. In queste comunità, su 100 giovani che prendono il diploma di terza media, solo 10 sono di sesso femminile. Tutto ciò contribuisce a mantenere bassa l’autostima della donna e a privarla di qualsiasi prospettiva di crescita personale e di emancipazione.

Progetto:

Corsi di tecniche artigianali per le donne di Capinota

Luogo:

Capinota, distretto di Cochabamba, Bolivia

Tempi:

2007 /2009

Costi:

23.790 € Costo complessivo

Contributi:

Provincia Autonoma di Bolzano 70%
Contributo proprio 30%

Responsabile per Etica|Mundi:

Katia de Gennaro

Avviamento di produzioni ecologiche di vigneti e alberi da fruttonelle comunità di Uriondo e Padcaya.Il progetto della durata di due anni ha i seguenti obiettivi:
– sostenere e motivare 20 comunità boliviane nell’ utilizzo e ampliamento di pratiche agro-ecologiche
– formazione di donne e uomini nel settore della produzione di frutta con sistemi eco-compatibili
– miglioramento e sostegno delle azioni per pubblicizzare e distribuire prodotti ecologici
– rafforzamento del settore agrario e dei consorzi di produzione ecologica.

Progetto:

Produzione ecologica di uva per 20 comunità boliviane

Luogo:

Uriondo e Padcaya, Bolivia

Tempi:

2003 /2004

Costi:

5000 €

Contributi:

Provincia Autonoma di Bolzano

Responsabile per Etica|Mundi:

Ruth Volgger